18 Ottobre 2018.
Fa strano dirlo ma un mese fa ero lercia e sudata a trascinare una valigia grossa quanto me per la metropolitana londinese, cercando di capire per grazia di chi sarei dovuta arrivare finalmente a Bristol. E’ inutile dire frasi tipo “com’è passato in fretta questo mese” perché sì, ora sembra effettivamente così, ma ci sono stati momenti davvero infiniti in mezzo.
Ad un mese dal mio arrivo sono finalmente contenta, riesco ad orientarmi in questa nuova città (smettila Giulia, tanto lo sanno che stai mentendo) e sto conoscendo davvero tantissima gente simpatica, merito anche dell’università che offre agli studenti un numero infinito di attività da fare.
In onore di questo mesiversario con la città più hipster che ci sia, voglio ripercorrere le fasi che ho attraversato in questo primo mese; e no, non spaccerò questo articolo per la solita pappardella qualunquista “i 6 immancabili momenti che CHIUNQUE E DICO CHIUNQUE E TU CHE LEGGI SI PROPRIO TU NON SEI ESCLUSO EH attraversa andando a vivere all’estero” perché se c’è una cosa che ho imparato in questo periodo è che ognuno affronta le difficoltà, i trasferimenti, le nuove esperienze in modo diverso.
E sì, vedere gli altri studenti Erasmus che le prime settimane uscivano e si divertivano e vedevano posti e facevano cose mentre io continuavo a pensare “ma tutto sommato potevo rimanermene a Torino” mi ha fatta sentire inadeguata, fin quando ho realizzato che di quello che fanno gli altri me ne dovrebbe fregare ben poco.
Dopo questo pippone semi-depresso stream of consciousness, passiamo al cuore dell’articolo, le 5 fasi che ho attraversato in questo primo mese:
- L’incoscienza. Avete presente quella sensazione di impulsività incontrollata, tipo quella che hanno le persone intolleranti al lattosio che decidono di bersi un bel bicchierone di latte poco prima di uscire di casa perché hanno totalmente rimosso cosa gli è successo l’ultima volta che hanno fatto un azzardo del genere? Sì, loro escono tranquillamente di casa, ignari di quello che il loro apparato digerente stia architettando fino a quando non si trovano a dover fare i conti con la dura realtà, ma lì siamo già ad una fase successiva. Ecco, diciamo che dal momento della compilazione della domanda fino a quando non sono arrivata in ostello sono rimasta a stagnare in questa ingenuità quasi fanciullesca. Come se stessi andando in vacanza praticamente.
- La disperazione. Dopo il viaggio indecente treno-bus-aereo-bus-metro-metro-metro sbagliata-metro-bus-piedi-ostello ho avuto l’occasione per fermarmi a riflettere. E disperarmi. E piangere (e quanto ho pianto oh). Chi mi conosce sa che sono particolarmente emotiva e, seppur per poco, di fronte alle situazioni più grandi di me divento mi abbatto facilmente. Ma sfido chiunque, anche *inserisci esempio di persona super-ottimista a caso* a rimanere positivo quando si è in una camerata mista da nove persone in un ostello, con quello di sopra che ha sicuramente mangiato due fagioli di troppo, senza avere ancora trovato una casa per i prossimi quattro mesi. Lì sarei effettivamente voluta sprofondare nel nulla o, in mancanza del nulla, tornarmene da dove ero venuta.
- Il sospiro di sollievo. Quello che ho tirato quando sono finalmente riuscita a trovare una casa che non fosse una truffa (per la cronaca, molto credibili gli annunci del tipo ho questa meravigliosa casa ad un prezzo che neanche se dovessi andare a vivere sotto un ponte ma purtroppo lavoro all’estero quindi mandami i soldi e ti faccio avere le chiavi) o una catapecchia. Tra l’altro ho delle coinquiline simpatiche, normali e non dei casi umani, quindi direi 10/10.
- L’apatia. Sarà che i primi giorni sono stati un inferno, ma le prime due settimane non ho avuto voglia di far nulla. Giusto il momento in cui vi erano eventi per gli studenti Erasmus ad ogni angolo per la città, io ero sotto le coperte a guardare serie tv. La sensazione di apatia è stata amplificata dall’inizio delle lezioni, momento in cui ho sentito il mio inglese fare schifo come mai prima di allora. Poi oh, ‘ste British people parlano veloci e si magnano metà discorso, io cosa ci posso fare.
- L’equilibrio. Fase raggiunta solo da qualche giorno in realtà. Sono finalmente riuscita ad uscire dal guscio e ho iniziato un po’ a guardarmi intorno e, rullo di tamburi, ad interagire con le persone. Tra l’altro come dicevo prima, l’università offre davvero delle possibilità immense: club sportivi di ogni tipo (io al momento ho scelto di fare kick-boxing, parkour e ginnastica artistica), associazioni studentesche, progetti interessanti tra cui una sorta di rivista universitaria bilingue riguardante la cultura italiana.
Guardando avanti non posso che essere positiva riguardo il futuro che mi aspetta qui a Bristol, un po’ meno se parliamo dal punto di vista degli esami: qui sono proprio fissati con gli essays e valutano il tuo pensiero critico, non la tua effettiva preparazione sugli argomenti (tipo il polo opposto rispetto al modello italiano probabilmente). Vedrò comunque di combinare qualcosa di decente.
P.S.: Non sono brava a chiudere i discorsi quindi facciamo finta che ci sia qualche frase ad effetto sul senso ultimo della vita e perdonate la mia goffaggine.